L'Italia della Resistenza: 30 giugno 1960    download [ doc ]   [ pdf ]

 

Lo stallo seguito alla sconfitta di misura di Fanfani mostr? come il nuovo gruppo dirigente della Dc non avesse praticamente idea di come mettere in piedi una maggioranza di governo affidabile. Nella primavera del 1960 il presidente della Repubblica Giovanni Gronchi design? un democristiano di secondo piano, Fernando Tambroni, a formare il nuovo governo. Avvocato, quasi sessantenne, Tambroni era un attivo paladino della politica di ?legge e ordine?, e il suo ufficio stampa lo presentava in modo ammiccante come appartenente a ?quella borghesia maschia e virile che si affaccia sui problemi sociali e politici senza infingimenti, ma soprattutto senza paura?. Egli era prevalentemente un opportunista, in buoni rapporti sia con i dirigenti del Psi sia con quelli del Msi. Fu solo grazie ali' appoggio di quest'ultimo partito e a quello dei monarchici, per?, che il suo governo ottenne il voto di fiducia. Da allora in poi Tambroni fu irrimedia-bilmente marcato con l'etichetta di uomo di destra.

Nel giugno 1960, a pochi mesi dalla costituzione del nuovo governo, il Msi annunci? che avrebbe tenuto a Genova il suo congresso nazionale. Segretario del partito era all' epoca Arturo Michelini, un rispettabile uomo d'affari che provava avversione sia per i picchiatori fascisti del Nord sia per i nostalgici della repubblica di Sal?. La linea politica che egli portava avanti non mirava certo, almeno in termini generali, a provocare uno scontro tra il partito e il sistema repubblicano. Egli era, piuttosto, fautore di un Msi rispettabile partito di destra, alleato ai monarchici, capace di ritagliarsi la sua fetta di potere clientelare a livello locale e attento a gratificare in modo adeguato la sua base elettorale meridionale formata da studenti e impiegati di grado inferiore, commercianti, artigiani. Al congresso del partito del 1956 Michelini aveva dovuto fronteggiare una forte opposizione interna, e la sua relazione era stata interrotta dalle grida poco edificanti di ? piu manganelli e meno doppiopetti?.

Il fatto che il governo Tambroni si reggesse in Parlamento grazie al voto missino rese i dirigenti di quel partito meno prudenti. Nessuno poteva negare il carattere provocatorio della scelta di Genova, una citt? che aveva ricevuto la medaglia d'oro per la sua partecipazione alla Resistenza. I neo-fascisti gettarono ulteriore benzina sul fuoco annunciando la partecipazione al congresso di Carlo Emanuele Basile, ultimo prefetto di Genova durante la Repubblica di Sal? e responsabile della morte e della deportazione di parecchi operai e antifascisti genovesi. La risposta della popolazione non si fece attendere, e Genova, come gi? nel luglio 1948 all'epoca dell'attentato a Togliatti, mostr? di essere la citt? italiana piu pronta all'insurrezione. Nel pomeriggio del 3o giugno 1960 una manifestazione con decine di migliaia di persone attravers? le strade della citt?; alla sera si accesero scontri furiosi tra dimostranti e polizia, alcune jeep furono rovesciate e date alle fiamme e furono erette barricate; la principale piazza della citt?, piazza de Ferrari, divenne ancora una volta un campo di battaglia. Il 1? luglio nuovi reparti di polizia vennero distaccati in citt?, mentre le locali organizzazioni partigiane crearono un Comitato di Liberazione pronto ?ad assumere il governo della citt?. In questa atmosfera carica di tensione il prefetto di Genova, d'accordo con Tambroni, decise di rinviare il congresso del Msi. Una manifestazione spontanea celebr? la vittoria in ogni parte della citt?, e il monumento alla Resistenza fu coperto di fiori.

Dopo questa sconfitta Tambroni compi l'errore di voler riaffermare la propria autorit? ad ogni costo, dando alla polizia il permesso di sparare in ?situazioni d'emergenza? contro i dimostranti antifascisti e antigovernativi. Il 5 luglio la polizia uccise un manifestante e ne feri seriamente cinque a Licata, in Sicilia. Due giorni dopo cinque dimostranti furono ammazzati e diciannove feriti a Reggio Emilia. La Cgil proclam? immediatamente uno sciopero generale, che ottenne un'adesione massiccia. La polizia continu? a sparare sui manifestanti: l'8 luglio ci furono altri morti a Palermo e Catania.

La direzione democristiana era profondamente allarmata e cerc? di sostituire Tambroni il pi? rapidamente possibile. Moro aveva definito il suo partito ?popolare e antifascista ?, l'opposto del modo in cui aveva agito Tambroni. Questi il 22 luglio fu persuaso a dimettersi e venne richiamato Fanfani per costruire un governo ad interim, formato da soli democristiani con l'appoggio esterno di repubblicani e socialdemocratici.

 

La vicenda Tambroni chiar? una volta per tutte quella che doveva essere una costante nella storia politica dei primi decenni della Repubblica: l'antifascismo era divenuto parte integrante dell'ideologia egemone, specialmente nel Nord e nel Centro Italia. Ogni tentativo di svolta autoritaria e ogni attacco alle libert? costituzionali avrebbero incontrato l'opposizione di un grandioso e incontrollabile movimento di massa di cui le forze comu-niste sarebbero state una componente importante ma non certo unica.

Gli avvenimenti genovesi di quei giorni possono richiamare alla mente le manifestazioni torinesi del 1962 in piazza Statuto, dal momento che in entrambi i casi i protagonisti degli scontri con la polizia furono gruppi di giovani operai. L'analogia per? ? solo superficiale, perch? in realt? vi sono profonde differenze tra i due episodi. I fatti di Genova erano strettamente legati alla Resistenza, da cui ricevevano la loro legittimazione. I rivoltosi di piazza Statuto, al contrario, non avevano una simile ?copertura? storica: la loro protesta era espressione della nuova Italia, non dell'Italia della guerra ma di quella del ?miracolo?, e il loro comportamento preannunciava le rivolte della fine degli anni '60.

Le rapide dimissioni di Tambroni stabilirono anche un'altra regola della politica italiana: la Democrazia cristiana non poteva sperare di governare con l'appoggio del Msi o dei monarchici. La strada verso destra era cosi definitivamente chiusa, quella a sinistra era aperta ma ancora del tutto inesplorata.

 

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?Tratto da Paul Ginsborg, Storia d'Italia 1943-1996 - Einaudi 1998 - mie evidenziature (R.R.) ?